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CASSAZIONE: IL LAVORO DOMENICALE VA COMPENSATO CON UN QUID PLURIS

  • Posted by autore blog
  • On Dicembre 17, 2024
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Per la Suprema Corte il lavoratore che presti la propria attività nella giornata di domenica per la particolare penosità del compito ha diritto, anche nell’ipotesi di differimento del riposo settimanale in un giorno diverso, ad essere in ogni caso compensato.

Una società appaltatrice del servizio di pulizia presso un aeroporto è stata condannata al pagamento di una maggiorazione del 30% dell’ordinaria retribuzione giornaliera per il lavoro prestato di domenica da un gruppo di pulitori turnisti. Lo stabilisce la Cassazione con la sentenza n. 31712 del 10.12.2024.

I FATTI

I lavoratori, inquadrati al II o III livello CCNL Multiservizi, avevano proposto ricorso contro la società datrice di lavoro per la mancata maggiorazione della retribuzione per il lavoro svolto di domenica.

(QUI cosa prevede il Codice civile)

LE SENTENZE DI PRIMO E SECONDO GRADO

Il Tribunale e la Corte d’Appello avevano condannato la società al pagamento della maggiorazione ritenendo 

che il CCNL applicato al rapporto (che regolava il diritto al riposo compensativo per i lavoratori impiegati nel giorno di domenica) non indennizzava i sacrifici incidenti sulla serie di interessi umani e familiari compromessi dal lavoro domenicale (cioè durante la giornata che, per la generalità dei consociati, è tradizionalmente e diffusamente destinata alla realizzazione di interessi personali, quali quelli familiari, spirituali e sociali), tramite una maggiorazione con carattere di ristoro, non necessariamente di ordine economico, ma comunque rappresentante un quid pluris idoneo a compensare la peculiare forma di sacrificio sopportata dal lavoratore occupato la domenica.

IL RICORSO

Avverso la sentenza d’appello la società ha proposto ricorso per cassazione con due motivi, cui hanno resistito con controricorso i lavoratori.

Con il primo motivo la società ricorrente ha dedotto la violazione o falsa applicazione (art. 360, n. 3, c.p.c.) degli artt. 1362 ss. c.C., 30 e 40 del CCNL di categoria, dell’art. 36 Cost. e dell’art. 2109 c.c., sostenendo che erroneamente la Corte d’Appello non ha tenuto conto che, nella fattispecie in esame, doveva attribuirsi preminenza alla volontà collettiva, perché il diritto dei lavoratori turnisti ad essere compensati della particolare penosità del lavoro svolto di domenica, anche con differimento del riposo settimanale a giorno diverso, può essere soddisfatto non solo mediante l’erogazione di un supplemento di paga specificamente riferito a tale prestazione, ma anche con l’attribuzione di vantaggi e benefici contrattuali di diversa natura, atti a differenziare il complessivo trattamento economico e normativo in termini di vantaggi di qualsiasi natura.

Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1362 ss. c.c., 38 CCNL di categoria, 36 Cost., 2109 c.c., sostenendo che erroneamente la Corte territoriale non ha valutato, procedendo alla liquidazione equitativa, che il CCNL prevede espressamente che le maggiorazioni retributive devono essere calcolate sulla sola paga base e non sulla retribuzione.

LA DECISIONE DELLA CASSAZIONE

Per la Suprema corte il primo motivo non è fondato.

La censura con cui parte ricorrente afferma che la Corte d’Appello non avrebbe tenuto conto della volontà collettiva non si confronta con il contenuto complessivo della motivazione della sentenza impugnata, che, invece, tali aspetti ha espressamente analizzato. All’esito della relativa analisi, la Corte di merito ha chiarito che occorre evitare il tranello concettuale rappresentato dalla mera traslazione del giorno di riposo, che non comporta alcun quid pluris in termini di vantaggio economico o di indennizzo di altra natura per il lavoratore occupato di domenica, così come, su base mensile, il riposo a scalare per i lavoratori turnisti (che comporta sempre 22 giorni di lavoro e 8 di riposo, come i lavoratori non turnisti).

Scrivono gli ermellini:

La pronuncia impugnata si pone (espressamente) in continuità con quanto affermato in materia da questa Corte ossia che il lavoro prestato nella giornata di domenica, anche nell’ipotesi di differimento del riposo settimanale in un giorno diverso, deve essere in ogni caso compensato con un quid pluris che, ove non previsto dalla contrattazione collettiva, può essere determinato dal giudice e può consistere anche in benefici non necessariamente economici, salva restando l’applicabilità della disciplina contrattuale collettiva più favorevole; dunque, il lavoratore che presti la propria attività nella giornata di domenica, ha diritto, anche nell’ipotesi di differimento del riposo settimanale in un giorno diverso, ad essere in ogni caso compensato, per la sua particolare penosità, con un quid pluris.

Inoltre, il fatto che la contrattazione collettiva non abbia previsto espressamente alcuna maggiorazione, indennitaria o salariale, per i pulitori turnisti non è qualificabile come conseguenza di una volontà delle parti collettive diretta ad escludere la possibilità di attribuire i vantaggi suppletivi previsti in via generale dall’ordinamento ai lavoratori domenicali; e la prospettazione da parte dei lavoratori interessati di una serie di disagi e sacrifici incidenti su interessi umani e familiari compromessi dal lavoro domenicale, ha portato i giudici di merito al riconoscimento di maggiorazione del 30% della retribuzione giornaliera per le giornate di lavoro domenicale, essendo emersi, in fatto, la percezione della medesima retribuzione oraria spettante ai lavoratori non turnisti e il godimento del medesimo numero di giorni di riposo settimanale per tutti i dipendenti, turnisti e non, rimanendo così li riposo compensativo, di per sé solo insufficiente a compensare il disagio dovuto alla prestazione lavorativa in giorno festivo domenicale.

Per la Cassazione poi non è fondato nemmeno il secondo motivo.

Esso investe la valutazione equitativa del danno compiuta dalla Corte territoriale, rispetto alla quale il sindacato di questa Corte è limitato al solo vizio di motivazione (V. Cass. n.1529/2010, п. 11146/2023). La valutazione equitativa del danno, in quanto inevitabilmente caratterizzata da un certo grado di ineludibile approssimazione, è suscettibile di rilievi in sede di legittimità, sotto il profilo del vizio della motivazione, solo ove difetti totalmente la giustificazione che quella statuizione sorregge, o macroscopicamente si discosti dai dati di comune esperienza, o sia radicalmente contraddittoria (Cass. n. 4310/2018, n. 16344/2020), atteso che l’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 c.c., è espressione del più generale potere di cui all’art. 115 c.p.c., e dà luogo non già ad un giudizio di equità, ma ad un giudizio di diritto caratterizzato dalla cosiddetta equità giudiziale correttiva od integrativa.

Il ricorso è stato dunque rigettato.

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