Lavoro agile: da ancora di salvezza a leva per il ripopolamento dei piccoli comuni
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- On Novembre 9, 2021
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Lo scorso 13 ottobre è stato assegnato alla prima Commissione permanente (Affari costituzionali) il Disegno di Legge Delega n. 2316/2021 «per la promozione del lavoro agile nei piccoli comuni», con l’obiettivo di invertire i trend demografici (negativi) che, da anni, caratterizzano le zone marginali della penisola.
Tale Delega ha messo in luce una questione per lungo tempo sottorappresentata: l’abbandono dei piccoli comuni – accompagnato dal (conseguente) invecchiamento della popolazione residente – che rischia di far disperdere un patrimonio storico, culturale e paesaggistico, che rende l’Italia uno dei Paesi più belli e visitati al mondo e che necessita di essere salvaguardato.
Il fenomeno dello spopolamento dei piccoli comunica appare strettamente legato al costante trasferimento di persone in età lavorativa verso le città, la cui forza magnetica risulta amplificata dalla vivacità del mercato del lavoro e dalla vicinanza dei centri di offerta dei servizi essenziali.
Di qui, l’esigenza di pensare a un modello capace di promuovere nuove opportunità di coesione territoriale, garantendo incentivi volti alla migrazione verso i piccoli comuni e alla rianimazione delle attività locali, con l’obiettivo di ripopolare, in modo progressivo e permanente, le zone marginali e/o le periferie.
La “scoperta” del lavoro agile (o smart working)
Benché sia uno strumento in grado di conciliare tempi (e spazi) di vita professionale e privata, sino a prima dello scoppio dell’emergenza da Covid–19 il lavoro agile rappresentava un istituto di nicchia, confinato in poche realtà imprenditoriali di grandi dimensioni. L’idea che le attività lavorative potessero essere organizzate («anche») «per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro» (art. 18, c. 1, L. n. 81/2017), con una maggiore rilevanza del risultato rispetto alla continuità nella prestazione, era, infatti, rimasta prevalentemente su carta.
Se, da un lato, lo stato di calamità ha evidenziato le vulnerabilità del contesto-Paese, dall’altro, ne ha anche messo in risalto le notevoli capacità di attivazione. In tal senso, l’emergenza ha accelerato la transizione verso nuovi modelli di organizzazione del lavoro, determinando un rapido impulso al lavoro a distanza, quale risposta sistemica alla propagazione del contagio. Lo smart working ha, così, permesso che le attività economiche proseguissero (o riprendessero) da remoto, in ossequio al distanziamento sociale imposto dalla situazione emergenziale.
Sulla scorta delle consapevolezze restituite dalla pandemia, si ritiene che l’agilità del lavoro possa rappresentare una misura per sopperire alle criticità in essere in un Paese abbandonato e invecchiato, quale è il nostro. A tal proposito, la Delega all’esecutivo vede proprio nello smart working un’occasione per ripopolare luoghi dove (tradizionalmente) meno germina l’innovazione, specie a opera di quelle persone che preferiscono allontanarsi dai centri metropolitani e avvicinarsi allo stile di vita dei piccoli comuni.
Il ruolo propulsivo della Strategia Nazionale per le Aree Interne
Segnali incoraggianti, rispetto alla riduzione degli squilibri tra le diverse zone del Paese, erano già stati registrati per effetto della Strategia Nazionale per le Aree interne (SNAI), avviata dall’Agenzia per la Coesione Territoriale nel 2013.
Esplicitamente richiamata dal Disegno di Legge Delega n. 2316/2021, la SNAI si propone di superare le tradizionali logiche redistributive, al fine di arginare il declino dei piccoli comuni e creare nuove possibilità di reddito con investimenti per la crescita locale.
Sostenuta dai Fondi strutturali europei (Fondi SIE) e da risorse nazionali (ex art. 1, c. 13, L. n. 147/2013 e ss. integrazioni), l’iniziativa si muove lungo due direttrici convergenti, che pongono al centro dell’azione la qualità della vita delle persone. Per un verso, la Strategia intende migliorare l’inclusione sociale e il benessere della popolazione residente; per altro verso, questa ambisce a ripristinare la struttura demografica e la domanda di lavoro nei contesti marginali.
Sul piano operativo, con la SNAI si è provveduto a effettuare una scansione della penisola, suddividendola a livello comunale secondo la capacità di offerta di specifici servizi essenziali, identificati nell’istruzione, nella salute e nella mobilità. Si tratta di attività che sono state interessate dagli effetti delle manovre correttive di finanza pubblica, con la conseguente soppressione di alcune strutture, a scapito dei piccoli comuni.
La selezione dei comuni candidabili è avvenuta in funzione della distanza dal centro di offerta di servizi più prossimo, mediante una procedura di istruttoria pubblica. In tal modo, sono state individuate settantadue Aree progetto, cui affidare – attraverso finanziamenti mirati e personalizzati – la sperimentazione delle singole Strategie.
La SNAI possiede, dunque, il merito di aver cercato di inquadrare, in maniera unitaria, il tema delle Aree interne e dei piccoli comuni: la scommessa è trasformare le loro peculiarità in un valore aggiunto per l’intero Paese, rendendo questi borghi maggiormente fruibili e attrattivi, nella prospettiva di una migliore vivibilità, in favore dei residenti (anche potenziali) e del sistema competitivo autoctono. Per vincere tale sfida, è allora necessario realizzare le precondizioni per la promozione del mercato locale e la rivitalizzazione socioeconomica del territorio.
Dalla SNAI al PNRR
In questi termini, la SNAI appare coerente con la formulazione del recente Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che ne reclama espressamente una «accelerazione» (art. 58, D. L. n. 77/2021). Nell’alveo delle Missioni individuate dal Piano di riforma nazionale, sembrano, infatti, trovare efficacemente riparo le principali criticità dei piccoli comuni, relative: i) al dissesto idrogeologico (Missione 2, Rivoluzione verde e transizione ecologica); ii) alla debole dotazione infrastrutturale e delle reti di comunicazione (Missione 3, Infrastrutture per una mobilità sostenibile); iii) all’assenza di istituti scolastici (Missione 4, Istruzione e ricerca); iv) all’estromissione dal sistema nazionale (Missione 5, Inclusione e coesione); v) alla lontananza dai centri sanitari strutturati (Missione 6, Salute).
Ma il tema che sembra venir maggiormente sollecitato dal Disegno di Legge Delega n. 2316/2021 è quello relativo alla grande trasformazione del lavoro, analogamente promosso dal PNRR (Missione 1, Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo). In questo ambito, grazie a investimenti rivolti alla digitalizzazione, lo smart working potrebbe rappresentare un volano per il rafforzamento della presenza antropica e per la rinascita delle filiere produttive nei piccoli comuni, al fine di imprimere un decisivo salto qualitativo alle politiche di coesione territoriale.
I contenuti della Delega al Governo
Le ambizioni della SNAI e del PNRR appaiono proficuamente riassunte dal Disegno di Legge Delega n. 2316/2021, che – sulla scia delle strategie di riqualificazione dei piccoli comuni (promosse dalla L. n. 158/2017) – intende arrestare i fenomeni di declino demografico caratterizzanti queste zone marginali. La tensione è verso la valorizzazione delle iniziative di quei prestatori agili, che – durante la pandemia – hanno scelto e apprezzato il lavoro svolto dalle proprie terre d’origine, contribuendo, così, al loro ripopolamento.
Per quanto concerne l’ambito di applicazione della Delega all’esecutivo (art. 1), occorre evidenziare come questa si rivolga «ai comuni con popolazione residente fino a 5.000 abitanti», nonché a quelli istituiti a seguito di fusione tra comunità aventi ciascuna popolazione fino a 5.000 abitanti (ex art. 1, c. 2, L. n. 158/2017). Tali comuni – disseminati prevalentemente lungo la dorsale appenninica e l’arco prealpino – rappresentano oltre il 70 per cento dei quasi 9.000 comuni italiani, per una popolazione complessiva di 11 circa milioni di abitanti.
La proposta – pensata per il lungo periodo – avviene per il tramite della leva fiscale e contributiva (art. 2). Nel dettaglio, il Disegno di Legge Delega n. 2316/2021 contempla agevolazioni per i «datori di lavoro che promuovono nei piccoli comuni lo svolgimento dell’attività lavorativa in modalità agile per un periodo non inferiore a cinque anni», nonché a quelli che avviano, in questi luoghi, «progetti di riorganizzazione e di riqualificazione degli spazi dell’impresa per favorire il lavoro condiviso» [art. 2, lett. a)]. Parimenti, sono ammesse detrazioni «delle spese documentate per favorire l’acquisto e il recupero di immobili abbandonati» [art. 2, lett. b)], che – per sopperire alle problematiche legate alla carenza degli spazi domestici – potrebbero confluire nella costituzione di spazi pubblici di co-working.
Altresì, la Delega al Governo riconosce incentivi «per favorire l’insediamento di nuovi residenti nei piccoli comuni», specie per nuclei familiari con ISEE inferiore ai 40.000 euro [art. 2, lett. c)], prevedendo anche la concessione «di mutui agevolati per gli investimenti necessari a favorir(n)e lo sviluppo tecnologico» [art. 2, lett. d)].
Certamente, una simile prospettazione richiede la preliminare realizzazione (o adeguamento) delle infrastrutture necessaire a una maggior vivibilità di questi luoghi, che risulta altrettanto promossa dal Disegno di Legge Delega. Sono, infatti, ammesse ulteriori detrazioni fiscali delle spese sostenute per «la diffusione della rete a banda ultra larga» [art. 2, lett. e)] di modo da consentire lo svolgimento nei piccoli comuni di attività lavorative in modalità agile.
In questi termini, la Legge fungerà da stimolo per promuovere e potenziare il lavoro agile nei piccoli comuni e, di conseguenza, per contrastare i fenomeni relativi alla rarefazione delle opportunità di lavoro e al diradamento dell’offerta dei servizi.
Una soluzione prospettabile
Non resta che attendere i Decreti attuativi – che dovranno essere adottati «entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della Legge» (art. 3) – per verificare la versatilità del digitale e, in particolare, le potenzialità dello smart working, rispetto all’esigenza di popolare territori abbandonati.
Credit by:
Massimiliano De Falco – Bollettino ADAPT
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