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AMIANTO: SENTENZA DELLA CASSAZIONE SULLE RESPONSABILITÀ DI DATORE E COMMITTENTE

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  • On Febbraio 6, 2023
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Con la sentenza n° 2393 del 26 gennaio 2023 la Cassazione, Sezione Lavoro, si è espressa sulla responsabilità della società committente nel caso di decesso di un lavoratore di impresa subappaltatrice, anche in ipotesi di mancata conoscenza dell’affidamento del lavoro in subappalto.

I FATTI

I ricorrenti in primo grado, moglie e figlio di S.D.L., agendo sia a titolo di eredi che iure proprio, hanno adito il Tribunale chiedendo il risarcimento del danno alle società T. s.p.a. e F. s.p.a., rispettivamente società datrice di lavoro e società committente presso i cui cantieri aveva lavorato il loro congiunto deceduto in seguito a mesotelioma pleurico, contratto a causa dell’esposizioneprolungata alle polveri di amianto. 

La domanda, dopo essere stata rigettata dal giudice di primo grado, veniva accolta dalla Corte di Appello di Palermo che ha ritenuto provato il nesso causale tra l’espletamento di attività lavorativa e la patologia che aveva condotto al decesso dell’uomo.

IL RICORSO IN CASSAZIONE

Avverso la decisione della Corte di Appello, le due società hanno proposto separati ricorsi, chiedendo la cassazione della decisione sulla base di cinque motivi, tra i quali: la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 40 e 41 del cod. pen. in tema di accertamento del nesso di causalità.

La società F. S.p.a. deduce, inoltre, la mancanza di una prova dell’esistenza di un contratto di appaltotra N. s.p.a., T. s.p.a. e F. s.p.a. e contesta la sussistenza di una sua responsabilità quale committente evidenziando l’inapplicabilità, rationetemporis, del disposto dell’art. 7 d.Igs. n. 626/1994e la violazione dell’art. 2087 cod. civ. per non averparametrato l’obbligo di sicurezza agli standard di conoscenze tecniche disponibili all’epoca.

LE RAGIONI DELLA DECISIONE: 

La Corte ha ritenuto i motivi di ricorso infondati e/o inammissibili.

In particolare, tenuto conto della giurisprudenza prevalente in tema di nesso di causalità, la Cassazione ha riconosciuto che “La Corte di meritonon si è discostata da tale insegnamento in quanto il giudice di secondo grado (…) ha accertato il rapporto di causalità tra la esposizione del lavoratore alle polveri di asbesto nel corso dell’attività prestata alle dipendenze di T. s.p.a.presso i cantieri della società F. e la insorgenza della patologia che aveva condotto all’exitus il D. L.; in tale contesto, la responsabilità omissiva della datrice di lavoro, fondata sul generale obbligo di protezione sancito dall’art. 2087 cod. civ., è stata configurata alla luce delle conoscenze scientifiche maturate a partire dalla metà degli anni ’50 del secolo scorso in tema di cancerogenicità dell’amianto per il carcinoma pleurico e per il mesotelioma e definitivamente acquisite, a partire dagli anni 80, in tema di rischi connessi all’esposizione a fibre di amianto, conoscenze queste che avrebbero imposto l’adozione di adeguate misure antinfortunistiche, in concreto omesse dalla datrice di lavoro, prima garante del rispetto dell’obbligo di sicurezza”. 

In merito alla responsabilità della società committente la Cassazione ha affermato che: Privo di pregio è anche l’argomento fondato sui limiti alla configurabilità di una responsabilità del soggetto committente in epoca antecedente al d.Igs. n. 626/1994;(…) infatti la responsabilità del soggetto committente appare pienamentegiustificata alla luce dell’interpretazionecostituzionalmente orientata dall’art. 2087 cod. civ. in quanto proprio le caratteristiche di nocività dei luoghi in cui veniva svolta l’attività lavorativarimasti, per come pacifico, nella sostanzialedisponibilità e controllo della società F., implicaval’assunzione a carico di quest’ultima dell’obbligo di sicurezza unitamente al soggetto datore di lavoro”.

Per tali ragioni la Corte di Cassazione ha riunito i ricorsi e li ha rigettati entrambi, riconoscendo la responsabilità delle società e condannandole alla rifusione delle spese di lite. 

LEGGI QUI LA SENTENZA

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