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Tutela del lavoro: la doppia Cassazione e la giustizia negata

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  • On Ottobre 5, 2022
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Raffaele Guariniello, già Magistrato e Presidente della Commissione Amianto del Ministero dell’Ambiente nel suo editoriale si interroga sull’esistenza di due filoni giurisprudenziali riguardo alle sentenze della Cassazione a proposito dei morti per tumori professionali, primi fra tutti quelli causati dall’amianto sulla responsabilità, ma anche sulle vittime di stalking occupazionale e sugli obblighi del preposto che deve vigilare sull’osservanza da parte dei lavoratori degli obblighi di legge e delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro. 

Sulla tutela del lavoro in Italia, scrive il magistrato, c’è da chiedersi cosa sta accadendo in Cassazione. Una domanda non facile, aggiunge “perché le risposte sono condizionate dagli sviluppi di una giurisprudenza” “non conoscibile da parte di cittadini non specializzati, ma sovente nemmeno da parte degli stessi operatori del settore”.

Le morti per tumore

A tal proposito Guariniello parla di due Cassazioni nel trattare i morti per tumori professionali, primi fra tutti quelli causati dall’amianto. Mentre la quarta Sezione, specializzata in materia, continua ad escludere la responsabilità penale per omicidio colposo la terza, che meno frequentemente interviene nei casi in cui si sia già pronunciata la quarta, afferma la responsabilità penale.

Intanto le corti d’appello hanno pronunciato sentenze di condanna che hanno suscitato l’entusiasmo delle comunità interessate: il Tribunale di Avellino il 28 gennaio 2022, il Tribunale di Palermo il 12 aprile 2022, la Corte d’Appello di Venezia il 21 giugno 2022, la Corte d’Assise di Napoli il 22 giugno 2022, ma dice il Presidente della Commissione Amianto, si teme l’esito finale di questi processi in Cassazione.

Guariniello, che appella il fenomeno coi termini di giustizia negata si chiede, e chiede ai Parlamentari appena eletti di emanare apposite norme per evitarlo. (Ad esempio quelle inserite nella proposta di legge avanzata il 30 giugno 2020 dalla Commissione Amianto all’allora Ministro dell’Ambiente e recuperate nel disegno di legge n. 2017 del 17 maggio 2022 d’iniziativa della Presidente della Commissione Ambiente del Senato).

Lo stalking occupazionale

Per le vittime di stalking occupazionale manca un’apposita, specifica norma incriminatrice sulla scorta di quella dettata nell’articolo 222-33-2 del codice penale francese. È così che, spiega il magistrato,  la Sezione V applica il reato di atti persecutori di cui all’articolo 612-bis c.p., mentre la Sezione VI utilizza il reato di maltrattamenti in famiglia di cui all’art. 572 c.p. 

In questo modo si ottiene però un risultato paradossale: la Sezione VI limita cioè le responsabilità alle aziende para-familiari rendendo così punibili le piccole e piccolissime aziende, e non alle grandi aziende, dove i rapporti fra dirigenti e sottoposti tendono ad essere più spersonalizzati mentre, secondo l’orientamento accolto dalla V sulla scorta dell’articolo 612-bis c.p., lo stalking assume rilevanza penale a prescindere dalla parafamiliarità, e, dunque, rileva anche in grandi aziende.

Gli obblighi di vigilanza sui lavoratori

Tra gli obblighi del preposto contemplati nell’articolo 19 del D. Lgs. n. 81/2008 comma 1, lettera a, vi è quello della vigilanza sui lavoratori. Nella versione originaria, ricorda Guariniello, questo comma prevedeva l’obbligo del preposto di sovrintendere e vigilare sull’osservanza dei lavoratori nei confronti degli obblighi di legge e delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

In caso di persistenza dell’inosservanza poi il preposto deve informare i loro superiori diretti.

Adesso la legge n. 215/2021 continua a dire che i preposti devono sovrintendere e vigilare sulla osservanza di obblighi di legge e disposizioni aziendali ma non stabilisce più che in caso di persistenza della inosservanza debbano informare i loro superiori diretti, ma che invece devono:

– in caso di rilevazione di comportamenti non conformi alle disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro e dai dirigenti ai fini della protezione collettiva e individuale, intervenire per modificare il comportamento non conforme fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza;

– in caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza dell’inosservanza, interrompere l’attività del lavoratore e informare i superiori diretti.

L’obbligo d’interruzione dell’attività torna nella nuova lettera f-bis, inserita sempre all’interno dell’art. 19, ove si prevede che i preposti devono in caso di rilevazione di deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e di ogni condizione di pericolo rilevata durante la vigilanza, se necessario, interrompere temporaneamente l’attività e, comunque, segnalare tempestivamente al datore di lavoro e al dirigente le non conformità rilevate.

Peccato però, ricorda Guariniello, che la Cassazione nella sentenza n° 30800 del 9 agosto 2022 confermi la condanna del preposto di una s.n.c. per l’infortunio occorso a un dipendente. 

Nella sentenza allegata sembra assumere rilievo centrale proprio quell’articolo 19, comma 1, lettera f-bis, introdotto dalla legge n. 215/2021, che, “in caso di rilevazione di deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e di ogni condizione di pericolo rilevata durante la vigilanza, impone al preposto, se necessario, di interrompere temporaneamente l’attività e, comunque, segnalare tempestivamente al datore di lavoro e al dirigente le non conformità rilevate”.

Dunque conclude l’ex magistrato in questa sentenza relativa a un infortunio accaduto nel 2014, la Sezione IV o non si è accorta di aver utilizzato il testo dell’articolo 19 del D. Lgs. n. 81/2008 sugli obblighi del preposto nella versione modificata dalla legge n. 215/2021, o ha applicato il testo in via retroattiva.

Credit by: IPSOA

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