Tribunale lavoro di Roma, sentenza n. 3605 del 19 aprile 2021: importanti novità in tema di (possibile) estensione del blocco dei licenziamenti alla categoria dei dirigenti

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  • On Aprile 23, 2021
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Con la sentenza n. 3605 del 19 Aprile 2021, il Tribunale di Roma torna a pronunciarsi in merito alla applicabilità ai dirigenti del divieto di licenziamenti introdotto ormai più di un anno fa dal Decreto Cura Italia e ad oggi ancora in vigore.

In particolare, il Giudice esclude, con precise e coerenti motivazioni, l’estensione ai dirigenti del blocco emergenziale, discostandosi così dal molto discusso orientamento precedentemente espresso dal medesimo Tribunale solo poche settimane fa.

Va infatti ricordato che l’ordinanza del Tribunale di Roma del 26 Febbraio 2021 aveva ritenuto illegittimo il licenziamento di un dirigente intimato in costanza del divieto di licenziamento, ritenendo lo stesso applicabile anche alla categoria dirigenziale. Tale interpretazione tralasciava di fatto la formulazione letterale della norma – in tutto e per tutto chiara nell’individuare i licenziamenti oggetto del blocco emergenziale – e valorizzava una ratio di tutela dei posti di lavoro considerata comune a tutti i lavoratori, compresi i dirigenti «che anzi sono più esposti al rischio di licenziamento stante la maggiore elasticità del loro regime contrattual-collettivo».

Tale orientamento ha peraltro suscitato le perplessità dello stesso Presidente della Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, secondo il quale -come espresso in una nota recentemente edita – l’estensione disposta dall’ordinanza del 26 Febbraio 2021 «sembra superare la lettera della legge e quindi non appare giustificabile sulla base di una interpretazione costituzionalmente conforme che presuppone si scelga una soluzione comunque consentita dalla formulazione normativa».

Orbene, come anticipato, la sentenza del 19 Aprile u.s. giunge alla conclusione opposta – e certamente più condivisibile – rispetto alla controversa ordinanza, e conclude per la esclusione del dirigente dal campo di applicazione del blocco emergenziale dei licenziamenti, ritenendo così legittimo il recesso comunicato da una società ad un proprio dirigente in data 6 Maggio 2020.

Il Giudice di merito motiva la propria decisione basandosi fondamentalmente su due argomenti.

In primo luogo, viene in rilievo il dato letterale dell’art. 46 del Decreto-Legge n. 18/2020 (c.d. «Decreto Cura Italia») a norma del quale il datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, non può recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3, della Legge n. 604/1966. Sul punto, il Tribunale ricorda come quest’ultima disposizione «non si applica i dirigenti sia per espressa previsione normativa sia per consolidato principio giurisprudenziale».

In secondo luogo, il Giudice pone in evidenza un ulteriore elemento fondamentale, che tuttavia non era stato considerato nell’ordinanza del 26 Febbraio u.s. Ed infatti, per il Tribunale di Roma «il dato letterale, e cioè l’esclusione della figura del dirigente convenzionale dal blocco dei licenziamenti, risulta coerente con lo spirito che sorregge l’eccezionale ed emergenziale previsione del blocco dei licenziamenti» e che ha portato ad un pressoché generalizzato ricorso agli ammortizzatori sociali.

Il sistema di tutele adottato in fase emergenziale si fonda infatti sulla simmetria tra il blocco dei licenziamenti e l’utilizzo di ammortizzatori sociali attraverso i quali il costo del lavoro è posto a carico della collettività.

Ebbene, il Giudice chiarisce che «con riguardo ai dirigenti detto binomio non può stare in piedi, poiché a questi ultimi non è consentito, almeno in pendenza del rapporto di lavoro, di accedere agli ammortizzatori sociali». Conseguentemente, laddove il blocco dei licenziamenti fosse esteso anche ai dirigenti, il datore di lavoro non sarebbe in grado di adottare una soluzione alternativa idonea a garantire, come agli altri dipendenti, il reddito e la tutela occupazionale senza costi aggiuntivi. Si determinerebbe così una «incoerenza costituzionale» tra l’estensione del blocco dei licenziamenti ai dirigenti e il principio di libertà dell’iniziativa economica sancito dall’art. 41 della Costituzione.

La sentenza smentisce infine le argomentazioni di chi, ritenendo il blocco dei licenziamenti applicabile anche ai dirigenti, considera irragionevole la scelta di proteggerli nell’ambito dei licenziamenti collettivi e non nell’ambito dei licenziamenti individuali. Il Tribunale di Roma giustifica invero tale diversità di trattamento in ragione della diversità delle due fattispecie (da un lato, il dirigente coinvolto in una procedura collettiva unitamente ad altri dipendenti protetti, dall’altro il dirigente destinatario del licenziamento economico individuale).

Di seguito il link al testo integrale della sentenza

Tribunale_di_Roma_19_Aprile_2021_n_3605

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