La bozza di decreto, approvato dal Consiglio dei Ministri del 16 settembre 2021, semplifica il perimetro di estensione del certificato verde optando per il principio universale dell’accesso ai luoghi di lavoro. Criterio che, di fatto, esclude solamente i pensionati le casalinghe e i disoccupati.
La platea di potenziali vaccinandi si amplia, quindi, a 4 mln di lavoratori privati e circa 600miladipendenti del comparto pubblico.
La svolta verso l’estensione generalizzata è stata prescelta, al fine di incrementare il più rapidamente possibile il numero di vaccinati, prima dell’inizio della stagione autunnale. L’obiettivo, dichiarato dall’Esecutivo, è quello raggiungere in meno di quattro settimane una zona di sicurezza o così come definita nel corso della conferenza stampa di presentazione del decreto, una sorta di immunità sociale che si traduce in una copertura dell’85% della popolazione vaccinabile.
Green pass esteso nel settore pubblico e per le istituzioni
Nel provvedimento si afferma che “al personale delle Autorità amministrative indipendenti, ivi comprese la Commissione nazionale per la società e la borsa e la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, della Banca d’Italia, nonché degli enti pubblici economici e degli organi di rilievo costituzionale, ai fini dell’accesso nei luoghi in cui svolgono l’attività lavorativa, è fatto obbligo di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde”.
L’estensione dell’obbligo coinvolge, quindi, sindaci, presidenti di Regione, consiglieri e gli organi Costituzionali cioè il Quirinale, la Corte Costituzionale e le cariche elettive di Camera e Senato. Sul Parlamento però il provvedimento non può intervenire direttamente dal momento che Camera e Senato hanno facoltà di autodichia, cioè autonomia decisionale.
L’art. 1, comma 11, della bozza di decreto, di conseguenza, dispone che “gli organi costituzionali, ciascuno nell’ambito della propria autonomia” entro il 15 ottobre dovranno adeguare il proprio ordinamento. Il personale delle amministrazioni, “nel caso in cui comunichi di non essere in possesso della certificazione verde o qualora risulti privo della predetta certificazione al momento dell’accesso al luogo di lavoro, è considerato assente ingiustificato e, a decorrere dal quinto giorno di assenza, il rapporto di lavoro è sospeso fino alla presentazione della predetta certificazione e, comunque non oltre il 31 dicembre 2021, e, in ogni caso, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro”.
Nei casi di assenza ingiustificata e di sospensione, conclude il comma 6 dell’art. 1, “non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato”.
L’obbligo di esibire il green pass, art. 1 comma 13, coinvolge anche i magistrati, compresi quelli onorari, gli avvocati e i procuratori dello Stato e i componenti delle commissioni tributarie che devono accedere agli uffici giudiziari.
L’accesso, senza il certificato, rappresenta un “illecito disciplinare” e come tale sarà sanzionato. Il provvedimento non fa alcun accenno o riferimento, invece, allo smart working. La questione è stata affrontata anche nel corso della conferenza stampa di presentazione del provvedimento ed è stata però rinviata ad un ulteriore confronto con le parti sociali.
L’obbligo nel comparto privato
Nell’art. 2 della bozza di decreto si legge che dal 15 ottobre 2021 e fino al 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, “chiunque svolge una attività lavorativa nel settore privato è fatto obbligo, ai fini dell’accesso nei luoghi in cui la predetta attività è svolta, di possedere e di esibire su richiesta la certificazione verde”.
L’obbligo del certificato per l’accesso al luogo di lavoro ha efficacia, pertanto, per tutti i lavoratori privati, ivi inclusi, ad esempio, i liberi professionisti e i collaboratori familiari. I principi di regolamentazione del comparto privato seguono quanto previsto per la pubblica amministrazione.
La verifica del possesso del certificato per i lavoratori esterni “sul rispetto delle prescrizioni è effettuata anche dai rispettivi datori di lavoro”; questi, secondo l’art. 2 comma 5, dovranno definire entro il 15 ottobre 2021 le modalità operative per l’organizzazione delle verifiche, anche a campione, prevedendo prioritariamente, ove possibile, che tali controlli siano effettuati al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro e individuano con atto formale i soggetti incaricati dell’accertamento e della contestazione delle violazioni degli obblighi.
I lavoratori del settore privato che non seguiranno le prescrizioni normative, secondo il comma 6 dell’art. 2, verranno sospesi dalla prestazione lavorativa, al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nel luogo di lavoro. Per il periodo di sospensione non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato. In ogni caso i lavoratori mantengono il diritto alla conservazione del rapporto di lavoro.
Controlli e sanzioni
La bozza di decreto, in relazione ai controlli, specifica che “i datori di lavoro sono tenuti a verificare il rispetto delle prescrizioni”. All’ingresso degli uffici e delle aziende i dipendenti dovranno esibire lacertificazione verde al responsabile delle verifiche, che dovrà essere individuato dai vertici aziendali proprio come avviene negli Istituti scolastici e nelle università ove già vige l’obbligo del dirigente di accertare che docenti e dipendenti siano “in possesso della certificazione”.
Al momento della verifica chi non ha il green pass non potrà accedere all’interno dei luoghi di lavoro verrà considerato assente ingiustificato. Dopo cinque giorni di assenza ingiustificata, nell’ambito del comparto pubblico, e solo un giorno nel privato, “il rapporto di lavoro è sospeso e non sono dovuti retribuzione e altri compensi o emolumenti”. La riammissione in servizio è subordinata al possesso di valida certificazione verde. La sospensione del rapporto di lavoro non è qualificabile come sanzione disciplinare.
La violazione dell’obbligo di esibizione del certificato è punita con una multa che oscilla tra i 600 e i 1.500 euro e può essere ulteriormente aumentata in caso di contraffazione del green pass. Per i datori di lavoro che non abbiano verificato il rispetto delle regole e che non abbiano predisposto le corrette modalità di verifica è prevista, invece, una sanzione da 400 a 1.000 euro.
Tamponi, tariffe, esenzione e green pass più rapido per i guariti dall’infezione
Il provvedimento interviene chiarendo che il costo dei tamponi, per ottenere la certificazione verde, sarà interamente a carico dei lavoratori. Le disposizioni, art. 1 comma 3, infatti, “non si applicano ai soggetti esenti dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della salute”.
Tamponi gratis solo per chi è esentato dalla vaccinazione con apposita certificazione medica nel “limite di spesa autorizzato ai sensi del presente comma che costituisce tetto massimo di spesa, al fine di assicurare l’esecuzione gratuita dei test molecolari e antigenici rapidi, per i cittadini con disabilità o in condizione di fragilità che non possono effettuare la vaccinazione anti SARS-CoV-2 a causa di patologie ostative certificate, nonché per i soggetti esenti dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con Circolare del Ministro della salute, è istituito nello stato di previsione del Ministero della salute un Fondo per la gratuità dei tamponi”.
Il costo dei tamponi sarà pari a zero per chi non può sottoporsi a vaccinazione, 8 euro per i minorenni, 15 euro per i maggiorenni fino al 31 dicembre.
Le farmacie che non praticheranno i prezzi calmierati incorreranno in una sanzione amministrativa da 1.000 a 10.000 euro. Il Prefetto territorialmente competente, tenendo conto delle esigenze della continuità del servizio di assistenza farmaceutica, potrà in caso di violazione della norma disporre la chiusura della farmacia per una durata non superiore a cinque giorni.
L’esecutivo chiarisce che la validità della durata dei tamponi molecolari (anche salivari) è di 72 ore, mentre per i test antigenici la durata viene fissata in 42 ore. La modifica non è inclusa nel decreto, ma in un emendamento approvato in Commissione Affari Costituzionali, durante l’iter di conversione in legge del decreto green pass (D.L. n. 105/2021)
Si riducono anche i tempi, per chi ha sconfitto il Covid, per ottenere il certificato: i guariti dall’infezione non dovranno più attendere 15 giorni dalla prima dose di vaccino per avere il green pass, ma lo potranno ottenere subito dopo la prima somministrazione.
L’art. 4 comma 3 modifica, infatti, la norma attuale sostituendo il passaggio in cui si affermava che la certificazione era valida “dal quindicesimo giorno successivo alla somministrazione” con le parole “dalla medesima somministrazione”. Inoltre, per chiunque contrae il virus 14 giorni dopo la somministrazione della prima dose o dopo la doppia iniezione la certificazione verde avrà “una validità di dodici mesi a decorrere dall’avvenuta guarigione”.
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