La recente estensione, ad opera del decreto legge 21 settembre 2021, n. 127, dell’obbligatorietà del Green pass per l’accesso ai luoghi di lavoro, interessa anche i liberi professionisti, considerato che dalla lettura complessiva della norma si evince chiaramente l’intenzione di assicurare alla prescrizione la più ampia diffusione possibile, a prescindere dalla qualificazione della natura della prestazione lavorativa, al fine di prevenire la diffusione dell’infezione.
Green pass per tutti i lavoratori
L’art. 3 del D.L. n. 127/2021, ha inserito nel decreto Riaperture (decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52 convertito con modificazioni dalla L. 17 giugno 2021, n. 87), l’art. 9 – septies, destinato a disciplinare l’impiego delle certificazioni verdi COVID-19 nel settore privato.
L’obbligo, vigente dal 15 ottobre al 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, è rivolto “a chiunque svolge una attività lavorativa (nello specifico della norma) nel settore privato”, e consiste nella necessità di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde COVID-19, ai fini dell’accesso nei luoghi in cui è svolta l’attività di lavoro. L’accesso deve essere altrimenti legittimamente negato, con passibilità di sanzioni per il caso di violazione del suddetto obbligo, come previsto dal nono comma della norma medesima.
L’obbligatorietà del Green pass è poi estesa dal secondo comma a “tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato nei luoghi di cui al comma 1, anche sulla base di contratti esterni”.
Emerge dunque chiaramente il quadro delineato dal legislatore, teso ad ampliare quanto più possibile la diffusione del Green pass per tutelare in via immediata e diretta i luoghi di lavoro e, conseguentemente, chiunque vi debba accedere, per qualsiasi ragione comunque legata alla necessità di rendere una prestazione lavorativa, prescindendo dalla sua qualificazione o “titolo”, come dal termine adottato dalla norma.
Estensione talmente ampia da riguardare anche fattispecie astrattamente estranee ad un rapporto di lavoro, salvo lambirlo, come ad esempio per il volontariato o per le attività a carattere esclusivamente formativo. Questi ultimi devono essere tenuti distinti dal contratto di apprendistato, che senza dubbio rientrerebbe comunque nell’alveo delle prestazioni di natura subordinata.
È indubbio pertanto che gli obblighi di possesso ed esibizione a richiesta della certificazione verde incombono anche sui lavoratori autonomi e, tra questi, sui liberi professionisti. Rispetto a questi ultimi, si sono posti alcuni dubbi interpretativi, in gran parte risolti anche con l’aiuto delle “FAQ” ministeriali, che nell’era della telematica e delle comunicazioni “smart”, nell’esperienza recente, sempre più spesso hanno sostituito le tradizionali circolari di prassi.
Green pass: obbligo per il professionista. Chi controlla chi?
È evidente che il titolare dello studio professionale più articolato, che ha alle proprie dipendenze lavoratori subordinati e collaboratori, si ritrova nelle medesime condizioni di qualsiasi altro datore di lavoro. Egli infatti è responsabile della redazione del documento di definizione delle modalità operative per l’organizzazione delle verifiche, e dell’atto di delega ad un incaricato a provvedere ai relativi controlli e segnalazione delle eventuali violazioni, giusto il quinto comma dell’art. 9 – septies. Detti documenti devono essere adottati entro il 15 ottobre 2021.
Il professionista titolare dello studio, così come ogni altro datore di lavoro, è pertanto soggetto al controllo del Green pass, ed obbligato ad esibirlo a richiesta del soggetto da lui incaricato. Allo stesso modo, quando per svolgere la sua prestazione professionale deve recarsi presso altri luoghi di lavoro ai quali è necessario che acceda per rendere la prestazione medesima, sarà soggetto al controllo da parte dell’incaricato di quella sede.
Il professionista solitario e gli obblighi in capo alla clientela
Ma anche l’avvocato, il consulente del lavoro, l’ingegnere, il commercialista, l’architetto che dovessero esercitare la professione autonoma da soli, presso il proprio studio, sono obbligati, per accedervi, al possesso del Green pass? Ed in caso affermativo, chi provvederebbe al loro controllo?
A stretto rigore, la lettura della norma, che per quanto premesso si rivela destinata a prevenire la diffusione del contagio applicandosi indistintamente a tutti i luoghi di lavoro, imporrebbe che anche il professionista titolare singolo dello studio professionale debba, per accedervi, essere in possesso del Green pass, ragionevolmente a tutela del luogo e dunque della clientela che vi si rechi.
Per i clienti però, la norma in esame non introduce alcuna previsione rispetto agli obblighi in discorso. Il professionista da solo in studio, evidentemente non sarà controllato da terzi, ma tutti gli obblighi di possesso devono comunque ritenersi in capo al medesimo, e potrà essere chiamato a rispondere della responsabilità e della imputabilità delle sanzioni di cui al comma 9 dell’art. 9 – septies.
Accesso agli uffici giudiziari
Come detto, la voluta estensione dell’obbligo di possesso ed esibizione del Green pass, coinvolge sostanzialmente qualsiasi tipo di prestazione lavorativa, e ne giustifica l’insorgenza effettiva ogni qualvolta la prestazione lavorativa implichi l’accesso ad un luogo di lavoro. Così, a prescindere da qualsiasi rapporto di dipendenza, anche i liberi professionisti, qualora debbano accedere ad un luogo di lavoro, quindi presso un altro datore di lavoro, pubblico o privato che sia, per ragioni connesse alla loro professione, sono onerati del possesso e soggetti al controllo ed all’esibizione della certificazione verde. Ciò con un’unica, singolare, eccezione, che vede esclusa tale obbligatorietà per l’accesso presso gli uffici giudiziari, espressamente prevista dall’ottavo comma dell’art. 9 – sexies per gli “avvocati e altri difensori, consulenti periti e altri ausiliari del magistrato estranei alle amministrazioni della giustizia, testimoni e parti del processo”.
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