Il decreto legge approvato dal Consiglio dei Ministri del 31 marzo 2021 introduce norme rigorose per i no vax, operanti nel comparto delle professioni sanitarie, e lo scudo penale per i vaccinatori.
Il decreto legge recante “Disposizioni urgenti in materia di prevenzione del contagio da SARS-CoV-2 mediante previsione di obblighi vaccinali per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario” prevede, infatti, che in considerazione della situazione di emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2 al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza, gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, farmacie, parafarmacie e studi professionali sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2.
Il decreto legge prosegue specificando, inequivocabilmente, che la “vaccinazione costituisce requisito essenziale all’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati.
In buona sostanza, come ampiamente precorso e argomentato in queste pagine, tutti i lavoratori del comparto sanitario sono obbligati a sottoporsi alla vaccinazione anti-Covid, farmacisti compresi.
La vaccinazione, specifica il decreto Covid licenziato dal Consiglio dei Ministri, può essere omessa o differita solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestato dal medico di medicina generale.
Iter amministrativo
Entro 5 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge, ciascun Ordine professionale territorialmente competente dovrà trasmettere l’elenco degli iscritti, con l’indicazione del luogo di rispettiva residenza, alla Regione o alla provincia autonoma in cui ha sede. Stesso obbligo e termini di trasmissione vigono in capo ai datori di lavoro degli operatori che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie, socio-assistenziali, pubbliche o private, farmacie, parafarmacie e studi professionali rispetto ai propri dipendenti.
Entro 10 giorni dalla data di ricezione degli elenchi le Regioni (o le province autonome), per il tramite dei servizi informativi vaccinali, dovranno verificare “lo stato vaccinale” di ciascuno degli operatori sanitari contenuto nei citati elenchi. Qualora dai sistemi informativi vaccinali non dovesse riscontrarsi l’effettuazione della vaccinazione anti SARS-CoV-2 o la presentazione della richiesta di vaccinazione nelle modalità stabilite nell’ambito della campagna vaccinale in atto, la regione o la provincia autonoma, nel rispetto delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali, dovrà segnalare immediatamente all’azienda sanitaria locale di residenza i nominativi dei soggetti che non risultano vaccinati.
Le ASL, territorialmente competenti, dovranno successivamente invitare l’interessato a produrre, entro 5 giorni dalla ricezione dell’invito, la documentazione comprovante l’effettuazione della vaccinazione, l’omissione o il differimento della stessa […] ovvero la presentazione della richiesta di vaccinazione o l’insussistenza dei presupposti per l’obbligo vaccinale.
Decorsi tali termini, qualora si accerti “l’inosservanza dell’obbligo vaccinale” dovranno darne immediata comunicazione all’interessato, al datore di lavoro e all’Ordine professionale di appartenenza. L’adozione dell’atto di accertamento da parte dell’azienda sanitaria locale determina la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2.
Sospensione del lavoratore no-vax
In linea con quanto anticipato in queste pagine, qualche settimana fa, il datore di lavoro “adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni, anche inferiori, ma con il trattamento corrispondente alle mansioni esercitate, e che, comunque, non implicano rischi di diffusione del contagio.
Verosimilmente “l’assegnazione a diverse mansioni” sarà un’ipotesi del tutto marginale stante la tipologia di prestazione erogata dall’operatore e considerata la particolare natura dell’attività di cui si sta disquisendo; è probabile, quindi, che nella stragrande maggioranza dei casi per i no vax, appartenenti al comparto sanitario, la sospensione scatterà quasi in automatico. Durante l’intero periodo di sospensione, non è dovuta la retribuzione, altro compenso o emolumento, comunque denominato.
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La sospensione, asserisce il decreto, mantiene efficacia fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021.
Il meccanismo prevede, pertanto, un iter che in prima analisi appare articolato e ridondante rimandando, dopo gli accertamenti da parte dell’azienda sanitaria competente, all’Ordine di determinare, in concreto, la sospensione del professionista. Tra l’altro la norma ha un orizzonte naturale di operatività limitato, 31 dicembre 2021; sarebbe stata più appropriata, plausibilmente, una norma generale, temporalmente non circoscritta e con obbligo di protezione tout court del personale impiegato nelle strutture sanitarie.
Scudo penale e obbligo vaccinale: norma debole
Il decreto introduce uno scudo penale che determina l’esclusione della responsabilità del personale sanitario per i reati di omicidio colposo e lesioni colpose, “verificatisi a causa della somministrazione di un vaccino per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV -2”. La tutela penale agisce quando l’uso del vaccino è conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e alle circolari pubblicate sul sito istituzionale del ministero della Salute relative alle attività di vaccinazione.
La norma ha efficacia retroattiva trovando applicazione, quindi, anche per fatti commessi prima della sua entrata in vigore.
Uno scudo giudicato però, dagli operatori del settore che hanno agito in un contesto straordinario e di particolare stress, troppo debole. Non è escluso, tuttavia, che in sede di conversione del decreto legge, si possa introdurre una protezione più ampia per il personale sanitario impegnato nell’emergenza pandemica.
Consenso alla vaccinazione per le persone incapaci
Il decreto legge estende, inoltre, le previsioni in materia di manifestazione del consenso, a mezzo del tutore, curatore o amministratore di sostegno, alla somministrazione del vaccino per i soggetti incapaci ricoverati presso strutture sanitarie assistite, anche a persone in stato di incapacità naturale non ricoverate. Nei confronti di questi soggetti fragili assume la funzione di amministratore di sostegno, al solo fine della prestazione del consenso all’inoculazione del vaccino anti-Sars- CoV-2, il direttore sanitario dell’azienda sanitaria locale di assistenza dell’interessato o un suo delegato.
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IPSOA Quotidiano
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