Contratti a termine e in somministrazione: quali prospettive per le aziende?

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  • On Febbraio 14, 2022
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Negli scorsi giorni l’Istat ha pubblicato i dati sull’andamento dell’occupazione in Italia, calcolati sino al dicembre 2021. I dati sono alquanto confortanti poiché negli ultimi mesi del 2021 si è notato un forte decremento dei disoccupati e la sostanziale stabilità degli occupati e degli inattivi. Infatti il numero di occupati, a dicembre 2021, è superiore a quello di dicembre 2020 del 2,4% (+540mila unità), con un sostanziale incremento del numero di assunzione di donne.

Confrontando il trimestre ottobre-dicembre 2021 con quello precedente, si osserva un livello di occupazione più elevato dello 0,3%, con un aumento di 70mila occupati.

Aumenta l’occupazione con i rapporti a termine o in somministrazione

Questa spinta dell’occupazione in Italia, per quanto non stabile nel tempo, ha permesso a molte persone di riavvicinarsi al mondo del lavoro, anche solo per farsi conoscere ed apprezzare dalle aziende, nella speranza di una stabilizzazione futura. L’aumento dell’occupazione, attraverso i contratto a tempo determinato e la somministrazione a termine, è stata possibile anche grazie ad una serie di norme emergenziali che hanno “alleggerito” le numerose regole che in questi anni sono state disposte con riferimento ai contratti summenzionati, al fine di agevolare la ripartenza delle aziende. (ci si riferisce, ad esempio, ai rinnovi ed alle proroghe contrattuali senza l’obbligo di indicare una causale, dell’utilizzo di contratti a termine anche durante la fruizione degli ammortizzatori Covid – cosa vietata ordinariamente – e della possibilità di non cumulare la durata delle missioni a tempo determinato all’interno del limite massimo di rapporti a termine stipulabili).

Cosa cambia con la conversione del decreto Fisco-Lavoro

La terza agevolazione, quella che prevede la possibilità di non contabilizzare nella durata massima i periodi di missione a termine da parte dei lavoratori assunti, dall’agenzia di somministrazione, a tempo indeterminato, è stata rivista, con la reintroduzione della scadenza al 30 settembre 2022. Infatti, mentre il D.L. n. 146/2021 aveva eliminato la temporaneità della disposizione, questa è stata, poi, reintrodotta dalla legge di conversione (legge n. 215/2021), limitandone la fruizione al 30 settembre prossimo.

Dopo tale data, anche le missioni a tempo determinato, di lavoratori stabilmente occupati con contratti a tempo indeterminato, dovranno essere conteggiati nel limite massimo di durata dei contratti a termine, così come stabilito dal secondo comma dell’articolo 19, del TU sui contratti di lavoro (decreto legislativo n. 81/2015) e quindi dovranno limitare l’attività lavorativa presso l’utilizzatore al raggiungimento dei 24 mesi ovvero al limite prescritto dal CCNL applicato dall’azienda utilizzatrice. Questa, per l’appunto, è la nuova versione della disposizione oggetto del presente approfondimento e operativa dal 22 ottobre 2021: “Nel caso in cui il contratto di somministrazione tra l’agenzia di somministrazione e l’utilizzatore sia a tempo determinato l’utilizzatore può impiegare in missione, per periodi superiori a ventiquattro mesi anche non continuativi, il medesimo lavoratore somministrato, per il quale l’agenzia di somministrazione abbia comunicato all’utilizzatore l’assunzione a tempo indeterminato, senza che ciò determini in capo all’utilizzatore stesso la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il lavoratore somministrato. La disposizione di cui al periodo precedente ha efficacia fino al 30 settembre 2022.”.L’intervento normativo ha ritenuto non logica la considerazione di equiparare i lavoratori con contratti di lavoro a tempo indeterminato con quelli che hanno un rapporto di lavoro flessibile/precario, come i lavoratori a termine. Infatti, per quanto la missione sia a tempo determinato, le garanzie di stabilità sono evidenziate dalla tipologia contrattuale utilizzata dal datore di lavoro (Agenzia di somministrazione) e cioè quella a tempo indeterminato e non quella prevista dall’azienda utilizzatrice: prestazione a termine.

Le criticità

Da questo assunto, non riesco a capire perché il legislatore abbia fatto marcia indietro, disponendo un termine all’applicazione di questa regola (30 settembre 2022) che porterà migliaia di lavoratori, assunti a tempo indeterminato, a non poter svolgere la propria attività lavorativa all’interno delle aziende utilizzatrici, in quanto ritenuti lavoratori a termine e quindi suscettibili delle regole previste per questa tipologia contrattuale.Termino ricordando che non rientrano nell’applicazione della norma quei lavoratori somministrati in staff leasing e cioè assunti a tempo indeterminato dall’Agenzia per il lavoro e somministrati a tempo indeterminato.

Computo della durata massima

Infine, per il computo della durata massima, oltre la regola su indicata, vanno considerati anche questi princìpi:- la durata massima è stabilita primariamente dalla contrattazione collettiva (nazionale, territoriale o aziendale) e soltanto nel caso in cui non sia normata a livello contrattuale, si applica la disposizione prevista dall’articolo 19, comma 2, del D.Lgs n. 81/2015 (massimo 24 mesi).

La sommatoria va effettuata esclusivamente tra i contratti conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale. un eventuale rapporto di lavoro a termine, svolto con mansioni di livello e categoria legale diversa rispetto ai precedenti, va computato a parte e genera un nuovo massimale.- nella durata massima non sono computati i periodi di lavoro svolti con altre tipologie contrattuali diverse dai contratti a tempo determinato e dalla somministrazione a termine. ad esempio, eventuali periodi svolti, dal medesimo lavoratore, con contratti intermittenti a termine, contratti di collaborazione ovvero con rapporti formativi di tirocinio.- per quanto riguarda i contratti in somministrazione, bisogna considerare soltanto quelli stipulati dal 18 luglio 2012, giorno di vigenza della legge n. 92/2012 (riforma Fornero) che ha introdotto detto obbligo.- non vanno computati i rapporti a termine per motivi stagionali.- al termine del periodo massimo, previsto dalla contrattazione collettiva (o dalla legge), è possibile prolungare il rapporto in corso per un massimo di 50 giorni. si tratta della “prosecuzione di fatto” che permette di estendere il rapporto a tempo determinato, che ha raggiunto il limite massimo di durata, di un ulteriore periodo di lavoro che dovrà prevedere una retribuzione maggiorata. (art. 22, del D.Lgs n. 81/2015)- le aziende in star-up innovativo (di cui al D.L. n. 179/2012) possono arrivare sino a 48 mesi di durata massima, anche con un unico contratto a tempo determinato.- i contratti di lavoro a tempo determinato che hanno ad oggetto in via esclusiva lo svolgimento di attività di ricerca scientifica possono avere durata pari a quella del progetto di ricerca al quale si riferiscono. (articolo 23, comma 3, del D.Lgs n. 81/2015)- i dirigentisono esclusi dal computo previsto dell’articolo 19, del decreto legislativo n. 81/2015, in quanto possono effettuare contratti di lavoro a tempo determinato per una durata non superiore a cinque anni.- sono, altresì, esclusi dal computo della durata massima anche i rapporti di lavoro tra i datori di lavoro dell’agricoltura e gli operai a tempo determinato, così come definiti dall’articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 375.

Credit by: IPSOA Quotidiano

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